domenica 18 dicembre 2011

Zaki, stava pescando nelle acque di Gaza, gli hanno sparato

Venerdì 16 dicembre, un pescatore palestinese, Zaki Mustafa Tarrosh, 45 anni, stava pescando nelle acque di Gaza quando la marina israeliana gli ha sparato ferendolo ad un braccio ed ad una gamba.
Siamo andati a trovarlo nella sua abitazione in Jabalia, a nord di Gaza city.
Lo troviamo disteso su un letto, con un braccio fasciato, circondato da familiari ed amici.
Zaki lavora come pescatore da circa 15 anni, ha 10 figli, di cui 6 femmine e 4 maschi, pescatori come lui, la sua famiglia è originaria di Gaza.

Tempo addietro Zaki aveva una piccola imbarcazione a remi. In seguito, un'associazione palestinese, la Agricultural and Environmental development society, al fine di aiutare la sua famiglia, gli donò un'altra piccola imbarcazione, migliore della precedente e fornita di motore.
Per un certo periodo di tempo Zaki ha lavorato in Israele come operaio e pescatore allo stesso tempo, fino a quando il governo israeliano non ha più permesso ai palestinesi di lavorare nel proprio territorio. Tornato a Gaza, ha iniziato a dipendere economicamente solo dall'attività della pesca.

Ci viene offerto del caffè caldo, mentre Zaki inizia a raccontarci quello che è successo due giorni fa.
Si trovava insieme a suo figlio nell'area di Sudania, a nord della Striscia di Gaza, ad una distanza di circa 2 miglia/2 miglia e mezzo dalla costa, sulla piccola imbarcazione che l'associazione gli ha donato.
Zaki precisa: "Conosco esattamente l'area perché ho lavorato lì a lungo, ero nella zona consentita all'interno delle tre miglia marine".

In passato Zaki era stato arrestato tre volte dalla marina israeliana, ma questa volta l'attacco era stato diverso. Zaki continua: "C'era una nave israeliana distante da me e c'erano altre imbarcazioni di pescatori intorno. Poiché la mia imbarcazione è piccola e non è veloce, ho preferito restare lontano dal pericolo. La marina israeliana ha iniziato a parlare con i pescatori in ebraico. Poi ho deciso di tornare indietro e quando
ho iniziato a muovermi loro sono venuti velocemente verso di me, si sono avvicinati molto fino a trovarsi a 4 metri di distanza da me. Ho iniziato a parlare con loro in ebraico dicendo loro che volevo tornare indietro, chiedendo loro di non sparare. Improvvisamente loro hanno iniziato a sparare direttamente verso di me ed hanno rotto il motore. Mio figlio ha cercato di riaccendere il motore ma era rotto. Mi hanno sparato al braccio, non so quanti proiettili hanno sparato, ed alla gamba. Anche se continuavo ad implorare di non sparare, loro non hanno smesso di sparare. Gli altri pescatori hanno cercato di portarci sulle loro barche mentre gli israeliani continuavano a sparare, i pescatori mi hanno preso rapidamente e mi hanno hanno fasciato il braccio con la maglia per fermare il sangue. Hanno chiamato un'ambulanza, dopo cinque minuti abbiamo raggiunto il porto, lì abbiamo trovato l'ambulanza che mi ha portato allo Shifa Hospital. Mentre stavamo correndo lontano dalla nave loro hanno continuato ad inseguirci."

Mentre Zaki ci racconta quello che ha vissuto, ci vengono offerti dei dolci e del succo di arancia. Uno dei suoi familiari ci mostra i referti rilasciati dall'ospedale.

Zaki continua: "In ospedale il dottore ha detto che non potevano asportare nulla dal braccio, né i proietilli né altri pezzi, perché se avessero tentato di farlo, il mio braccio sarebbe rimasto paralizzato.
La barca ora è completamente rotta, non posso aggiustarla né comprarne un'altra".

Quando abbiamo chiesto a Zaki in che modo il limite delle tre miglia incide sull'attività dei pescatori, ci ha risposto: "All'interno delle tre miglia non c'è abbastanza pesce, non abbastanza per tutti i pescatori palestinesi. Anche se questa volta mi hanno sparato, io continuerò a pescare perché questa è l'unica risorsa economica per la mia famiglia. Anche se mi tagliassero le braccia io continuerei a lavorare come pescatore per aiutare la mia famiglia."

Zaki ha concluso facendo una richiesta alle organizzazioni internazionali, affinché "tentino di aiutare i pescatori, fermino questo assedio del mare e fermino questi attacchi giornalieri sui pescatori."
"Noi vogliamo solo portare soldi alle nostre famiglie, noi non combattiamo nel mare".
La storia di Zaki è una delle tante qui a Gaza. Zaki non è il primo pescatore a cui la marina israeliana ha sparato, né probabilmente sarà l'ultimo.

Gli accordi di Oslo hanno stabilito che le acque territoriali di Gaza si estendono fino a 20 miglia marine; questo limite è stato però progressivamente ridotto sino alle attuali 3 miglia marine imposte dalla marina israeliana. Un limite che colpisce inevitabilmente l'industria ittica che sostiene migliana di famiglie palestinesi.
I pescatori sono costantemente minacciati dalla marina israeliana, sono sottoposti a continui attacchi, a volte sono arrestati e le loro barche vengono confiscate.
Questi attacchi violano la legislazione internazionale sui diritti umani.

La storia di Zaki è una delle tante qui a Gaza. Gli occhi di Zaki esprimevano una richiesta di libertà.
Perché Gaza è privata della libertà di coltivare la propria terra e di pescare nel proprio mare, Gaza è privata della libertà di nutrire se stessa.
Ma gli occhi di Zaki come gli occhi di Gaza non hanno tempo di fermarsi a pensare.
Domani si deve tornare a pescare.




                                                                   Zaki Mustafa Tarrosh     

                                             familiari ed amici di Zaki raccolti attorno al suo letto

Nessun commento:

Posta un commento